17 Ott #Amatrice 3:36 – 15/16 ottobre 2016
Si torna, lascio luoghi come li lasciano le decine di persone che rientrano ad Amatrice e dintorni solo per il week-end.
Lascio là quanto ho vissuto e dato e porto con me quanto mi è stato insegnato e ricevuto.
Vedere le crepe sulle case, vedere case di cui sono rimasti accumuli di materiale inerte da buttare, mi ha fatto vedere e sentire le ferite e le crepe nei cuori di quanti sono sopravvissuti al terremoto.
Si legge ancora tanta paura, negli occhi e nelle tende che sostituiscono la dimora notturna di tanti.
Ancora non si fidano di rientrare e anche oggi una scossa nuova nuova dà loro ragione.
Tra le varie chiacchiere e confidenze delle persone si capisce che non ci possono fare niente di fronte a questi eventi naturali se non avere la fortuna di trovarsi all’aperto o nelle tende.
Prima di partire mi domandavo cosa servisse la presenza di personaggi chiamati dottorclown in posti del genere: i vari, tanti, numerosi “Grazie” ricevuti mi hanno dato la risposta.
Abbracci, sorrisi, occhi negli occhi, cuore nel cuore: è questo ciò che ho vissuto, soprattutto con gli anziani e con coloro che sono lì con varie mansioni, dai vigili del fuoco al carabiniere, dalla protezione civile all’associazione che è presente abusivamente ma che risponde giornalmente a 100 e più esigenze reali della popolazione.
Che strano sentire parlare di Popolazione: che poi è il sostantivo che dà la precedenza alla mensa del campo Lazio.
Mi ha fatto in po’ pensare questo modo di chiamare chi è sopravvissuto.
Ma in qualche modo si deve pur differenziare chi ci abita da chi è presente per pochi giorni. E che comunque ci lascia un po’ di cuore con le crepe.
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